martedì 24 gennaio 2012

“Così l’Olanda saccheggia le entrate fiscali del Portogallo”

Dalla notizia de Il Sole 24 Ore alla lucida analisi di Carlo Colombo, che rievoca la figura di padre Antonio Vieira. Il missionario gesuita, autore del “Sermão pelo Bom Sucesso das Armas de Portugal contra as de Holanda”, contribuì a respingere i tentativi olandesi di occupare il Brasile, immalinconito dall’unione della corona portoghese a quella di Spagna.

Sabato 21 gennaio, il Sole 24 Ore dava un esempio concreto delle precarie fondamenta dell’Europa. In un momento di attacco speculativo che rischia di avere gravi conseguenze, è permesso a un paese membro di sottrarre risorse economiche ad un altro, già molto in difficoltà. L’antagonismo che si ripropone sembra uscito dai libri di storia, più che da uno stadio di calcio: Olanda contro Portogallo. “Così l’Olanda saccheggia le entrate fiscali del Portogallo” si annuncia sotto l’occhiello, che a sua volta strizza l’occhio alla celebre favola di La Fontaine: “Cicale e formiche europee”. Non è solo la naturale simpatia verso la cicala ad abbreviare il passo che separa l’antipatica formichina dalla colpevolezza. Lo scriveva anche Gianni Rodari, in una personale rivisitazione della favola classica. Il meccanismo che regola i rapporti di questa favola senza lieto fine è semplice. Il regime fiscale olandese favorisce i capitali societari prodotti nelle filiali di altri paesi dell’Ue. L’effetto è stata la migrazione da Lisbona ad Amsterdam di diciassette delle venti maggiori società portoghesi, alleggeriti della fiscalità sui frutti di attività in Brasile e Africa.

Per l’eccessivo indebitamento del secondo paese iberico, la stessa Europa che ha acconsentito alla pratica olandese impedisce ora al Portogallo di fare lo stesso per recuperare almeno parte del gettito perduto, con la spiegazione che i benefici sarebbero semplicemente teorici. Per quanto il ragionamento regga, è inevitabile notare come la legge del più forte sia retta dallo spirito dell’avidità, primo e maggiore dogma del capitalismo nella sua versione neoliberista. Se a questo dogma è ancora oggi delegato il compito di costruire un impero universale, o quinto impero come un barocco avrebbe intesa la globalizzazione, che regola i rapporti fra le nazioni e gli individui, è necessario ricordare che non sempre gli imperi sono stati immaginati su principi tanto odiosi quali la violenza, l’avidità e la sopraffazione. Perciò, davanti a una simile notizia, ricordiamo la figura di padre Antonio Vieira, che secondo Fernando Pessoa fu “imperatore della lingua portoghese”. A metà del XVII secolo, il suo “Sermão pelo Bom Sucesso das Armas de Portugal contra as de Holanda” diede un contributo a respingere i tentativi olandesi di occupare il Brasile, immalinconito dall’unione della corona portoghese a quella di Spagna. La riscossa, arrivata con la Restaurazione dell’indipendenza nazionale, dovette molto alla spinta mistica e profetica che partì dalle “Trovas” del Bandarra per sfociare nei mille rivoli del Sebastianismo. In questa operazione, intellettuale e al contempo popolare, il gesuita missionario di Camutà ebbe un ruolo di primo piano, tanto per il contrasto agli “eretici” olandesi quanto ai rapaci coloni portoghesi, sempre a caccia di schiavi tra gli indios da impiegare come manodopera per i loro allucinati sogni di ricchezza. Non è un caso che l’opera più nota di padre Vieira, “Historia do Futuro”, sia inclusa nella più articolata e ampia “Clavis Prophetarum”, rimasta incompleta. 

Come riferisce Silvano Peloso in “Antonio Vieira e l’impero universale”, l’intento era pronosticare e determinare insieme, secondo la doppia caratteristica delle profezie, la nascita di un impero di pace e prosperità (incluso il ritorno degli ebrei nella terra promessa) fondato sull’amore, secondo un messaggio evangelico capace di superare le diverse confessioni e religioni, in uno sforzo che oggi diremmo ecumenico. Che la cosa non piacesse al potere costituito, Chiesa e assolutismo stretti nella santa alleanza, è abbastanza chiaro dalla persecuzione cui l’autore fu fatto oggetto per mano dell’Inquisizione. Lasciamo volentieri al lettore il piacere di scovare analogie e differenze, consonanze e contraddizioni, anacronismi e sintonie tra le fantasie barocche di padre Vieira e il mondo di oggi. 

Carlo Colombo ©

Padre Antonio Vieira

Per approfondimenti:
Antonio Vieira, “Per la storia del futuro”, L’Eubage, Aosta, 2002
Silvano Peloso, “Antonio Vieira e l’impero universale. La Clavis Prophetarum e i documenti inquisitoriali”, Sette città, Viterbo, 2005
Antonio Vieira, “Sermão pelo Bom Sucesso das Armas de Portugal contra as de Holanda” (bocc.ubi.pt/pag/vieira-antonio-contra-armas-holanda.pdf)

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